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Brevi riflessioni su integralisti cristiani


Cristo Pantocrator

foto: Cristo Pantocrator- Volta del duomo di Cefalù


Brevi riflessioni su integralisti cristiani, appartenenti a logge massoniche e Cavalieri Templari, indotte dai recenti e terribili fatti di Oslo.

Premessa: Non citerò il nome dello spietato autore ed il dettaglio dell’attentato e della terribile strage da questi attuata, per non fornirgli quella visibilità e quella nefasta fama da esso inseguite, concause esse stesse delle sue azioni: la pubblicazione di questo mio scritto nella rete internet già lo agevolerebbe nei suoi propositi!                                                                                                            
Purtroppo chi discute di lui gli ha già reso una notorietà immensa e questo è già stato  l’appagante obiettivo da questi raggiunto: non desiderava altro! Mi limiterò quindi ad analizzare alcune delle sue dichiarazioni che Ci hanno scandalizzato di più.

1)    Egli ha dichiarato di essere un “integralista cristiano”,dichiarazione rimbalzata sulla totalità dei media, ad uso e consumo di coloro che non sanno nulla di cristianesimo e del profondo insegnamento che ne è la base:- “Ama il prossimo tuo come te stesso”- ed ancora-“Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te”- o ancora, addirittura come invocazione, nell’unica preghiera che ci ha lasciato Nostro Signore Gesù Cristo - “Rimetti i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori”- dove noi Cristiani, addirittura, invochiamo Dio Onnipotente di riservarci lo stesso trattamento che riserviamo al nostro prossimo.
Dopo questa breve ed essenziale spiegazione posso tranquillamente affermare che quando si parla di integralisti cristiani il mio pensiero va a San Francesco o a Madre Teresa di Calcutta e che l’odioso attentatore di Oslo non può certo essere inserito nel novero dei Cristiani, qualunque cosa esso dichiari!

2)    Egli ha dichiarato di essere massone e questo pur essendo un fatto accertato (la sua loggia di appartenenza ora lo ha pubblicamente espulso) non deve certo indurre a pensare che tutti i massoni sono potenziali stragisti. Questo lo affermo nonostante la distanza ed il quotidiano contrasto che ci divide dalla massoneria  per la diversa, addirittura opposta, concezione della religione, della società, dello stato e della cavalleria.  

3)    Egli ha dichiarato di essere un Cavaliere Templare e poco mi consola il fatto che appartenga a uno dei tanti gruppi di origine massonica, pertanto in aperto contrasto con Noi che seguiamo la via della fede Cristiana e ci subordiniamo alla Chiesa, obbedendo ai nostri religiosi di riferimento, godendo così di protezione religiosa.
Poco mi consola il fatto che esso sia appartenente a una cavalleria che insegue fini e scopi elitari al contrario di Noi, che, per quanto possibile ci consideriamo al servizio dei Cristiani  e della Cristianità e che ambiamo ad essere la normalità della società piuttosto che l’élite.
Poco mi consola che appartenga ad uno di quei gruppi che danno grande spazio a quell’aura di mistero e di conoscenze nascoste evocate dall’appellativo  “Cavaliere del Tempio” dimenticando completamente che l’originale e qualificante nome degli antichi cavalieri, con tutto ciò che necessariamente ne doveva conseguire, era quello di “Poveri Commilitoni della Milizia di Cristo”e solo successivamente quando furono allocati presso i resti dell’antico tempio di Gerusalemme assunsero la denominazione  di ”Poveri Commilitoni Della Milizia di Cristo del Tempio” per indicare anche la loro sede.

La denominazione di taluni gruppi, specie quelli di stampo massonico oggi vuole ricordare il tempio, ma tralascia addirittura  di ricordare Cristo, a sottolineare la loro diversa natura e finalità diverse rispetto gli antichi “Pauperes Miles Christi Templi” dai quali Noi oggi traiamo ancora grande ispirazione.
Ricordando che parte essenziale dell’antico giuramento cavalleresco era il voto di difendere le donne, i bambini, i deboli e gli oppressi, non posso fare a meno di constatare, con somma indignazione come egli abbia fatto strage di giovani, poco più che bambini, ragazzi e ragazze totalmente indifesi!

Egli forse potrà anche essere stato battezzato, ma certamente non è un Cristiano, poiché Cristiani si diventa poi per scelta di vita.

Egli non è certamente un Cavaliere Templare poiché ne ha tradito il giuramento (se mai lo ha fatto) e ne ha tradito le scelte.

Purtroppo non mi sento di parlare di pazzia, il che sarebbe liberatorio, perché mi sembra di aver colto le immagini di un uomo sereno nella convinzione di aver agito per una giusta causa.

Voglio tuttavia ribadire questi concetti a coloro che potrebbero pensare di prendere per buone le dichiarazioni di quell’individuo: - “Sarebbe comodo essere quel che si dice di essere, piuttosto si è per quello che si fa, poiché sono le azioni a qualificare la vera natura degli uomini”, o ancora, “Spesso capita a taluni, accecati dalla loro arroganza, convinti di agire nel nome di un Dio estremo, di non fare altro che il gioco del demonio”.

“Dio è amore” Prima di Giovanni 4:8

Il Priore del Priorato di San Martino - OMCTH
Vicecomandante della Federazione Internazionale OMCTH

 
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Sua Eminenza L’Arcivescovo Kyr Petro


Kyr Petro

 

 

Il Giorno 9 Giugno 2011 è tornato alla casa del Padre Sua Eminenza Kyr Petro Arcivescovo di Kafa e Gothia, Esarca dell’Europa Occidentale, Capodipartimento per le relazioni esterne della Chiesa Ortodossa Autocefala Ucraina.

 

Annunciando il ritorno al Padre dell’ Esarca Kyr Petro proviamo lo sconforto e il senso di perdita che inevitabilmente subentrano quando si fa strada la consapevolezza che non avremo più a nostra disposizione un caro amico e un ineguagliabile consigliere.

 

Grande era la spiritualità che trasmetteva, straordinarie erano le sue capacità organizzative , il suo acume mentale, la sua profondità culturale. Sono io stesso testimone del fatto, che non era raro, con Sua Eminenza, Iniziare un discorso e magari riprenderlo dopo un anno, incontrandosi per caso, esattamente dal punto in cui ci si era interrotti, come se non fossero passati altro che pochi minuti!

Pietro

 

Ringraziamo Nostro Signore per l’opportunità che ci ha dato permettendoci di conoscere un uomo di così grandi doti, non solo nell’ufficialità di certe situazioni, ma anche in momenti conviviali, come a tavola, dove ci ha concesso di parlare alla pari, svelandoci sempre, al di là di quelle che erano le situazioni politiche o istituzionali, il suo reale punto di vista: come si suol dire, pane al pane, vino al vino!

 

 

Abbiamo fatto tesoro dei suoi consigli e dei suoi insegnamenti, abbiamo un eredità che ci viene anche solo dal saper cogliere ciò che traspare dall’esempio di un uomo abituato a trattare con i potenti che riusciva a non trascurare anche noi, gente comune. Certamente abbiamo colto in Lui molti aspetti di ciò che intendiamo come “Il ripercorrere le orme Del Cristo”.

 

Il nostro saluto non vuole essere rigidamente formale poiché alberga nel nostro cuore il calore di una amicizia e la speranza, se riusciremo a esserne degni, di poter un giorno riabbracciare Sua Eminenza Nella Casa del Padre.

 

il Priore

 

Pietro

 

Pietro

Pietro

 

 

 
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Chiesa melkita o greco cattolica in Terra Santa

La Chiesa melkita o greco cattolica è una Chiesa di tradizione bizantina in piena comunione con Roma.  Il nome melkita viene da melekh che in ebraico significa "Re". Per lungo tempo è servito a designare, per opposizione alle Chiese non calcedonesi, quelle Chiese fedeli alla dottrina del Concilio di Calcedonia del 451 che sosteneva l'imperatore. I melkiti sono quindi i cristiani di rito bizantino che appartengono ai patriarcati di Alessandria - in Egitto -, di Antiochia - in Siria -, e di Gerusalemme - in Palestina -.

 

 

 

 

Un piccolo numero di Cristiani uniti in Cristo

In Terra Santa i cristiani sono - oggi come in passato - una piccola Chiesa.Per molteplici ragioni sociali, economiche e politiche molti di loro – soprattutto negli ultimi decenni – hanno lasciato la Terra Santa  alla ricerca di una vita migliore  e più tranquilla. E questo preoccupante fenomeno dell’emigrazione è purtroppo ancora in atto.I palestinesi cristiani oggi, quelli rimasti in Israele e Palestina e  quelli dispersi  dall’emigrazione  o dalle guerre del 1948 e del 1967 sono circa 500 mila cioè il 6% della  popolazione palestinese nel mondo. Solamente 180 mila  vivono oggi tra Israele e Palestina: 120 mila in Israele e 50 mila nei Territori Palestinesi… la popolazione araba cristiana rappresenta in Terra Santa solo poco più del 2%.I cristiani che oggi vivono nella Terra di Gesù  si dividono in due grandi gruppi: i cattolici e gli ortodossi. I cristiani cattolici, in particolare, comprendono i latini, più alcune minoranze come i maroniti, i caldei, i siriani, e gli armeni. Ci sono poi i melkiti, di rito greco bizantino: in comunione con Roma dal 1724, questi cattolici mantengono però la tradizione orientale, che hanno in comune con la chiesa ortodossa. I melchiti costituiscono la chiesa maggioritaria in Galilea. E qui, come pure nelle parrocchie dei Territori Palestinesi, in mezzo alla molteplicità di chiese si registra un fatto dal profondo significato ecumenico e che non ha uguali:  i cristiani ortodossi festeggiano il Natale il 25 dicembre, insieme ai fratelli cattolici, che a loro volta celebrano la Pasqua nella data (variabile) degli ortodossi.Non così a Betlemme e a Gerusalemme dove ortodossi e cattolici mantengono le proprie date . Ma i reciproci scambi di auguri, e le numerose  occasioni di amicizia producono in queste due città un  prezioso e concreto dialogo ecumenico manifestato  da un multiforme coro di voci.Fra i cristiani ortodossi,  quelli appartenenti alla chiesa greca sono il gruppo più numeroso, ma ci sono anche le comunità dei siriani, dei copti, degli Abissini (o Etiopici) e degli Armeni. Ci sono poi i protestanti di varie confessioni (luterani, anglicani, battisti …)  la cui presenza è cominciata qui nel secolo scorso. Si tratta di una popolazione cristiana quasi totalmente araba, se si eccettua la gerarchia ecclesiale che spesso non è autoctona, soprattutto quella della chiese ortodosse. Al di là delle diverse tradizioni linguistiche e culturali di origine, è bene ricordare, inoltre, che queste Chiese, questi cristiani, hanno l’esperienza comune, storica e secolare, di vivere in un contesto sociale e politico a maggioranza islamica.Differenti chiese, differenti liturgie, dunque … Eppure, dentro una realtà cristiana così multiforme, va evidenziato che la varietà dei riti non solo non nuoce all’unità ma la manifesta e che il patrimonio culturale e  spirituale delle Chiese Orientali è patrimonio della Chiesa universale. Per questo,  chi - con troppa facilità - fotografa questa chiesa madre di Gerusalemme come  una chiesa divisa, forse presenta un’immagine distorta. In fondo, nonostante le differenze che a volte creano inevitabili tensioni, gli occhi e il cuore di ogni fedele cristiano, di qualunque confessione egli sia, qui sono tutti indistintamente rivolti a questa tomba vuota…E così il  luogo simbolo di una  cristianità a più voci che è questo Santo Sepolcro di Gerusalemme, diventa l’emblema di un’unica chiesa. Non divisi dunque, ma  vicini e uniti attorno all’unico Cristo, e all’unico Cristo risorto…www.Telepace.it

 

 

 
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Intervista con Gregorio III Laham, Patriarca melkita di Damasco

 

» 29/04/2011 14:54
SIRIA
Siria: patriarca melkita, timori di un futuro fatto solo di caos e fondamentalismi
di Bernardo Cervellera
Intervista con Gregorio III Laham, patriarca melkita di Damasco. Dubbi sull’identità di coloro che guidano le rivolte. Anche oggi manifestazioni e violenze in molte città. E’ il “Giorno dell’ira” e per la prima volta l’invito a scendere in piazza viene anche dai “Fratelli musulmani”.



Roma (AsiaNews) - Le rivolte e le violenze in Siria sono una grande preoccupazione per le Chiese cristiane del Paese. Anche oggi, “Giorno dell’ira”, nel quale per la prima volta scendono in piazza i Fratelli musulmani, notizie di manifestazioni e repressione, con morti e feriti giungono, oltre che da Deraa, da Damasco, Latakia, Homs, Houran, Deir Zoour e altre città. C’è grande timore che per il futuro, che produca solo caos o governi fondamentalisti che lascino ai cristiani solo la scelta di emigrare all’estero. È quanto Gregorio III Laham, patriarca melkita di Antiochia e di tutto l’Oriente, ha detto quest’oggi ad AsiaNews.

Il patriarca ha sottolineato la partecipazione dei cristiani al dolore e alle sofferenze della popolazione. Per rispetto delle morti avvenute nelle ultime settimane - almeno 500 da quando sono iniziate le manifestazioni anti-Assad - le feste di Pasqua sono state celebrate senza musica o processioni, per rispetto del lutto. Gregorio III esprime però dubbi sull’identità di coloro che guidano le rivolte (criminali? Fondamentalisti? Jihadisti?) facendo crescere le preoccupazioni per il futuro. Per il patriarca melkita occorre trovare la via per evitare una rivoluzione violenta e fare progressi nella stabilità. Per questo Sua Beatitudine ha scritto lettere a Paesi europei e delle Americhe perché prevengano la caduta del Paese nel caos e si affrettino a risolvere il problema israelo-palestinese, vera priorità per la pace in Medio oriente e nel mondo.

Beatitudine, come vede da cristiano la situazione in Siria?
I movimenti e le rivolte che stanno scuotendo la Siria preoccupano le Chiese e i cristiani. Non tanto per il presente, ma per il futuro, per cosa ci aspetta. In passato, dopo ogni rivolta in Medio oriente si è avuta una vasta emigrazione di cristiani in Europa, America o Australia. Temo che anche adesso succederà la stessa cosa, lasciando ancora più vuoto nelle comunità cristiane.
Alcune personalità musulmane sono preoccupate anch’esse per un possibile svuotamento dei cristiani in Siria. E chiedono che sia difesa la loro presenza.

 

Vi sono stati problemi per le comunità cristiane?
Finora le rivolte non hanno avuto nessun carattere confessionale, di conflitto islamo-cristiano. Anzi, durante le manifestazioni a Homs, Aleppo e Damasco, giovani musulmani si sono offerti per proteggere le chiese, costituendo cordoni di sicurezza attorno agli edifici per prevenire gesti criminali.
Per solidarietà agli uccisi negli scontri delle scorse settimane, i cristiani hanno celebrato i riti della Settimana Santa e della Pasqua in modo molto sobrio, senza processioni, musiche e feste, proprio per partecipare ai lutti della popolazione.
Allo stesso tempo stiamo cercando di avere un ruolo di mediatori nei contrasti che sono emersi nella società siriana, perché la tensione non cresca fino all’inevitabile. Personalmente ho inviato lettere a 15 Paesi europei, agli Stati Uniti, e nelle Americhe domandando ai rispettivi governi di aiutare a migliorare la situazione senza alcuna “rivoluzione” violenta.

 

Che idea ha dei rivoltosi?
L’impressione che abbiamo dall’interno è che sui problemi sociali ed economici si stanno inserendo gruppi che fanno di tutto per provocare il governo a usare la violenza. In tal modo si fa crescere la tensione fino a giungere a una condanna da parte della comunità internazionale per attuare un cambiamento di regime guidato dall’esterno. Tutta questa operazione ha degli aspetti di mistero: vi sono criminali che partecipano alle manifestazioni; vi è introduzione massiccia di armi nel Paese per provocare lo scontro….
Il futuro è molto incerto e inoltre non si sa dove va a parare, non si sa chi siano. Certo, vi sono giovani frustrati, ma molti dicono che fra loro ci sono criminali e anche musulmani fondamentalisti che gridano al jihad. Per questo noi temiamo che lasciando spazio alla violenza si provochi solo il caos. Penso che nei confronti della Siria si stia usando la tattica di un guerra di usura.

 

Perché in occidente vi è questa esaltazione verso la rivoluzione siriana e la pesante accusa verso le violazioni ai diritti umani?
Vi sono problemi politici e pressioni per scuotere gli equilibri del Medio oriente: le alleanze con l’Iran [da parte della Siria –ndr], l’inquietudine di Israele… In tutte le cose che accadono in Medio oriente, vi è sempre il legame con il conflitto israelo-palestinese: crisi, guerre, emigrazione… Da 62 anni siamo in questa situazione. Per questo ho mandato la lettera ai governi europei e americani e li ho invitati di fare pressione sui loro governi perché il problema israelo-palestinese sia affrontato come priorità: solo in questo modo ci sarà meno emigrazione, meno terrorismo, meno fondamentalismo, meno violenza.
Questa è la mia missione ed è quella che ho sottolineato anche al Sinodo dei vescovi lo scorso ottobre e il Papa lo ha apprezzato. La pace è importante anche per l’avvenire del dialogo islamo-cristiano in Siria e nel mondo. Se la crisi continua a far emigrare i cristiani, il mondo arabo diventa solo islamico e si rischia un conflitto culturale fra mondo arabo-islamico e mondo occidentale-cristiano.
La presenza dei cristiani in Medio oriente salva l’arabità del Medio oriente per non ridurlo a puro islamismo. Se la Siria viene aiutata a superare questa situazione di caos, verso una stabilità garantita dal dialogo con la popolazione, l’avvenire sarà migliore per tutti.

 

Il dominio della famiglia Assad è una cosa positiva per la Siria?
In questi 40 anni la Siria ha fatto passi da gigante nell’agricoltura, nell’economia, nell’educazione anche universitaria, generando molti posti di lavoro. C’è meno sviluppo sull’aspetto socio-politico, ma la vita di tutti i giorni della gente è migliorata in modo sensibile. Anche sulla libertà religiosa vi sono molti progressi. Qualche mese fa ho potuto organizzare – con la sponsorizzazione del governo – un incontro internazionale sui frutti del Sinodo del Medio oriente (celebrato in Vaticano lo scorso ottobre), con la partecipazione di almeno 3500 personalità, quattro patriarchi, 13 Chiese.
Per quanto riguarda le riforme politiche, dobbiamo ricordare che nel Medio oriente arabo, oltre al Libano, non vi sono democrazie. Ci sono partiti, elezioni, ma i governi cercano di controllare tutta la società. E questo in tante situazioni è anche necessario.

 

tratto da: 
http://www.asianews.it/notizie-it/Siria:-patriarca-melkita,-timori-di-un-futuro-fatto-solo-di-caos-e-fondamentalismi-21428.html

 

 
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Voglio un posto ai piedi di Gesù» Ecco il testamento di Bhatti

di Shahbaz Bhatti

shahbaz bhatti Quella che segue è una testimonianza di Shahbaz Bhatti, il ministro pachistano per le Minoranze religiose ucciso il 2 marzo da un commando di fondamentalisti islamici che lo hanno "punito" perché cercava di modificare la Legge sulla blasfemia che in 25 anni di applicazione è costata la vita a centinaia di cristiani. Il testo è tratto da "Cristiani in Pakistan. Nelle prove la speranza", Marcianum Press 2008.

 

"Il mio nome è Shahbaz Bhatti. Sono nato in una famiglia cattolica. Mio padre, insegnante in pensione, e mia madre, casalinga, mi hanno educato secondo i valori cristiani e gli insegnamenti della Bibbia, che hanno influenzato la mia infanzia.

Fin da bambino ero solito andare in chiesa e trovare profonda ispirazione negli insegnamenti, nel sacrificio, e nella crocifissione di Gesù. Fu l’amore di Gesù che mi indusse ad offrire i miei servizi alla Chiesa. Le spaventose condizioni in cui versavano i cristiani del Pakistan mi sconvolsero. Ricordo un venerdì di Pasqua quando avevo solo tredici anni: ascoltai un sermone sul sacrificio di Gesù per la nostra redenzione e per la salvezza del mondo. E pensai di corrispondere a quel suo amore donando amore ai nostri fratelli e sorelle, ponendomi al servizio dei cristiani, specialmente dei poveri, dei bisognosi e dei perseguitati che vivono in questo paese islamico.

Mi sono state proposte alte cariche al governo e mi è stato chiesto di abbandonare la mia battaglia, ma io ho sempre rifiutato, persino a rischio della mia stessa vita. La mia risposta è sempre stata la stessa: «No, io voglio servire Gesù da uomo comune».

Questa devozione mi rende felice. Non voglio popolarità, non voglio posizioni di potere. Voglio solo un posto ai piedi di Gesù. Voglio che la mia vita, il mio carattere, le mie azioni parlino per me e dicano che sto seguendo Gesù Cristo. Tale desiderio è così forte in me che mi considererei privilegiato qualora — in questo mio battagliero sforzo di aiutare i bisognosi, i poveri, i cristiani perseguitati del Pakistan — Gesù volesse accettare il sacrificio della mia vita.

Voglio vivere per Cristo e per Lui voglio morire. Non provo alcuna paura in questo paese. Molte volte gli estremisti hanno desiderato uccidermi, imprigionarmi; mi hanno minacciato, perseguitato e hanno terrorizzato la mia famiglia. Io dico che, finché avrò vita, fino al mio ultimo respiro, continuerò a servire Gesù e questa povera, sofferente umanità, i cristiani, i bisognosi, i poveri.

Credo che i cristiani del mondo che hanno teso la mano ai musulmani colpiti dalla tragedia del terremoto del 2005 abbiano costruito dei ponti di solidarietà, d’amore, di comprensione, di cooperazione e di tolleranza tra le due religioni. Se tali sforzi continueranno sono convinto che riusciremo a vincere i cuori e le menti degli estremisti. Ciò produrrà un cambiamento in positivo: le genti non si odieranno, non uccideranno nel nome della religione, ma si ameranno le une le altre, porteranno armonia, coltiveranno la pace e la comprensione in questa regione.

Voglio dirvi che trovo molta ispirazione nella Sacra Bibbia e nella vita di Gesù Cristo. Più leggo il Nuovo e il Vecchio Testamento, i versetti della Bibbia e la parola del Signore e più si rinsaldano la mia forza e la mia determinazione. Quando rifletto sul fatto che Gesù Cristo ha sacrificato tutto, che Dio ha mandato il Suo stesso Figlio per la nostra redenzione e la nostra salvezza, mi chiedo come possa io seguire il cammino del Calvario. Nostro Signore ha detto: «Vieni con me, prendi la tua croce e seguimi».

I passi che più amo della Bibbia recitano: «Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi». Così, quando vedo gente povera e bisognosa, penso che sotto le loro sembianze sia Gesù a venirmi incontro.

Per cui cerco sempre d’essere d’aiuto, insieme ai miei colleghi, di portare assistenza ai bisognosi, agli affamati, agli assetati.

Credo che i bisognosi, i poveri, gli orfani qualunque sia la loro religione vadano considerati innanzitutto come esseri umani. Penso che quelle persone siano parte del mio corpo in Cristo, che siano la parte perseguitata e bisognosa del corpo di Cristo. Se noi portiamo a termine questa missione, allora ci saremo guadagnati un posto ai piedi di Gesù ed io potrò guardarLo senza provare vergogna".

 

tratto da:  www.labussolaquotidiana.it

 
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